Europa e Italia

Si riscontra una singolare sintonia tra Mervyn King, governatore della Banca d’Inghilterra nel decennio cruciale che va dal 2003 al 2013 (le cui recenti riflessioni sono state pubblicate anche nel nostro Paese), e i messaggi in materia di rischio e incertezza che l’ANRA, ossia l’associazione che dal 1972 raggruppa i Risk Manager e i Responsabili delle assicurazioni aziendali nostri connazionali, continua meritoriamente a diffondere nella cultura d’impresa nazionale.
Definiamone i termini: «il rischio riguarda eventi che si possono indicare con precisione, in base all’esperienza passata, sia la natura dell’esito futuro sia la probabilità che si verifichi», mentre «l’incertezza riguarda eventi di cui non è possibile indicare, e nemmeno immaginare, tutti i possibili esiti futuri, e a cui non è possibile associare una certa probabilità che si verifichi questo o quell’esito» (M. King, La fine dell’alchimia, il Saggiatore, Milano 2017 pag. 122).
Appurato che una delle funzioni chiave dell’economia di mercato è collegare il presente a un futuro carico di incertezze e rischi, risulta abbastanza singolare constatare quanto sia il pensiero economico che quello manageriale manifestino una profonda riluttanza a metabolizzare tale dato di fatto.
Concentrandoci sul target di ANRA, risultano in tutta chiarezza le differenze che corrono tra il dato europeo e quello italiano. A partire dagli aspetti strutturali degli attori economici in campo, che per il nostro Paese coinvolgono non tanto la quasi totalità di imprese di piccola dimensione tendente al micro, quanto la particolare sovrapposizione della proprietà familiare con la gestione aziendale. Al tempo stesso, la scarsa presenza a livello di organico di figure professionali qualificate da titoli universitari. Difatti il 90% delle Piccole Imprese e l’82% delle Medie Imprese non hanno al proprio interno un Risk Manager
Per quanto riguarda il panorama continentale, un convegno promosso dalla federazione europea FERMA, cui aderisce ANRA, aveva evidenziato che «le aziende sottolineano l’importanza del coinvolgimento diretto del CDA. Ed è chiaro che senza il supporto del CDA, il processo di Risk Management non può funzionare. La maggior parte delle aziende europee ha dichiarato di avere in atto processi di formazione e di aggiornamento per mantenere costantemente informati il board e gli alti dirigenti sull’esposizione al rischio dell’impresa: i rischi principali vengono regolarmente comunicati alla direzione nel 70% delle organizzazioni. È evidente che costruire un efficace processo di questo tipo richiede un canale informativo per i temi legati al rischio. Il 75% degli intervistati ha citato la funzione del rischio come un canale attraverso cui le informazioni, l’analisi e le indicazioni relative ai rischi raggiungono gli alti dirigenti».
A fronte di tale situazione, secondo l’Osservatorio Permanente sul Risk Management nelle PMI italiane di Risk Governance ‐ Politecnico di Milano, nel nostro Paese si rilevano numeri allarmanti: «il 47% delle aziende percepisce oggi il rischio esclusivamente come un fattore negativo da evitare, percentuale che sale al 68% nelle piccole imprese. Invece, va in ogni modo sottolineato come il rischio sia un evento reale, con cui confrontarsi in qualsiasi azione umana o imprenditoriale e, quindi, deve essere gestito come tale, considerando anche la componente di opportunità che è insita in esso».
Saverio Zavaglia
CEO Overform Assicura